sabato 20 maggio 2017

Somewhere. Sometimes just get out

Pianificare. Incastrare. Tic tac.
Moderare, compromessi, spossatezza.
Coccole, città, grigio, cascate di parole futili e inopportune.
Dopotutto siamo fatti di sangue, farina e carne e atomi che brillano la notte, nelle nostre case che profumano di pane.
I bambini leggono nella nostra anima, soprattutto quando vacilla e risplende.
A volte è sufficiente tirare fuori dal cassetto quello che più amiamo. Non importa cosa, non importa quando. Basta farlo.
Davanti a me la Torre Velasca pare sorgere dalle montagne in lontananza, affianco una nave da crociera. E un campanile, sicuramente Sant' Eustrogio.
E io oggi sento il rumore del mare anche nei Navigli e consegno la chiave a te.
Fanne buon uso.
La pazienza ha riserve infinite. Tu non lo sai, ma è così. E io devo farne scorte.
Anche scorte di me. Di pensieri e idee e amore e possesso ed esperimenti e vento e dune.
Sentirmi avvolta. Basta dirmi: "va tutto bene". E si riparte.
Un viaggio senza fine ma con tanta dolcezza e ardore.



mercoledì 4 maggio 2016

Si fa presto a dire famiglia - Massimo Recalcati, I love U

Famiglia è ancora una parola decente che può essere pronunciata senza provocare irritazione, fanatismi o allergie ideologiche? Famiglia è ancora una condizione fondamentale e irrinunciabile del processo di umanizzazione della vita oppure è un tabù da sfatare? Se c'è stato un tempo nel quale essa appariva circondata da un alone di sacralità inviolabile non rischia forse oggi di essere condannata come una sopravvivenza ottusa della civiltà patriarcale? Sono solo i cattolici più intransigenti a sostenere la sua esistenza come indispensabile alla vita umana?
Dal punto di vista laico della psicoanalisi la famiglia resta una condizione essenziale per lo sviluppo psichico ed esistenziale dell'essere umano. La vita umana ha bisogno di casa, radici, appartenenza. Essa non si accontenta di vivere biologicamente, ma esige di essere umanamente riconosciuta come vita dotata di senso e di valore. Lo mostrava "sperimentalmente" un vecchio studio di Renè Spitz sui bambini inglesi orfani di guerra che dovettero subire il trauma della ospedalizzazione ( Il primo anno di vita del bambino, Giunti 2009). La solerzia impeccabile delle cure somministrate dalle infermiere del reparto nel soddisfare tutti i bisogni cosiddetti primari dei bambini non erano sufficienti a trasmettere loro il segno irrinunciabile dell'amore. Effetto: cadute depressive gravi, anoressia, abulia, marasma, stati di angoscia, decessi. Se la vita del figlio non è raccolta e riconosciuta dal desiderio dell'Altro, resta una vita mutilata, cade nell'insignificanza, si perde, non eredita il sentimento della vita. Non è forse questa la funzione primaria e insostituibile di una famiglia? Accogliere la vita che viene alla luce del mondo, offrirle una cura capace di riconoscere la particolarità del figlio, rispondere alla domanda angosciata del bambino donando la propria presenza. La clinica psicoanalitica ha riconosciuto da sempre l'importanza delle prime risposte dei genitori al grido del figlio. Non si tratta solo di soddisfare i bisogni primari perché la vita umana non è la vita di una pianta, né quella dell'animale, non esige solo il soddisfacimento dei bisogni, ma domanda la presenza del desiderio dell'Altro; vive, si nutre del desiderio dell'Altro. La vita umana non vive di solo pane, ma dei segni che testimoniano l'amore. L'attualità politica ci impone a questo punto una domanda inaggirabile: tutto questo concerne la natura del sesso dei genitori? Essere capaci di rispondere alla domanda d'amore del figlio dipende dalla esistenza di una coppia cosiddetta eterosessuale? La famiglia come luogo dove la vita del figlio viene accolta e riconosciuta come vita unica e insostituibile – ogni figlio è sempre "figlio unico" , afferma Levinas,– è un dato naturale, un evento della biologia? Siamo sicuri che l'amore di cui i figli si nutrono scaturisca, come l'ovulo o lo spermatozoo, dalla dimensione materialistica della biologia? Esiste davvero qualcosa come un istinto materno o un istinto paterno o forse queste formulazioni che riflettono una concezione naturale della famiglia contengono una profonda e insuperabile contraddizione in termini? Se, infatti, quello che nutre la vita rendendola umana non è il "seno", ma il "segno" dell'amore, possiamo davvero ridurre la famiglia all'evento biologico della generazione? Non saremmo invece obbligati a considerare, più coerentemente, che un padre non può essere mai ridotto allo spermatozoo così come una madre non può mai essere ridotta ad un ovulo? La domanda si allarga inevitabilmente: cosa significa davvero diventare genitori? Lo si diventa biologicamente o quando si riconosce con un gesto simbolico il proprio figlio assumendosi nei suoi confronti una responsabilità illimitata? Le due cose non si escludono ovviamente, ma senza quel gesto la generazione biologica non è un evento sufficiente a fondare la genitorialità. In questo senso Françoise Dolto affermava che tutti i genitori sono genitori adottivi. Generare un figlio non significa già essere madri o padri. Ci vuole sempre un supplemento ultra- biologico, estraneo alla natura, un atto simbolico, una decisione, un'assunzione etica di responsabilità. Un padre e una madre biologica possono generare figli disinteressandosi completamente del loro destino. Meritano davvero di essere definiti padri e madri? E quanti genitori adottivi hanno invece realizzato pienamente il senso dell'essere padre e dell'essere madre pur non avendo alcuna relazione biologico-naturale coi loro figli? Questo ragionamento ci spinge a riconsiderare l'incidenza del sesso dei genitori. Ho già ricordato come l'amore sia a fondamento della vita del figlio. Ma l'amore ha un sesso? Prendiamo come punto di partenza una formula di Lacan: "l'amore è sempre eterosessuale". Come dobbiamo intendere seriamente l'eterosessualità? Questa nozione, per come Lacan la situa a fondamento dell'amore, non può essere appiattita sulla differenza anatomica dei sessi secondo una logica elementare che li differenzia a partire dalla presenza o meno dell'attributo fallico. L'amore è eterosessuale nel senso che è sempre e solo amore per l'Altro, per l'eteros. E questo può accadere in una coppia gay, lesbica o eterosessuale in senso anatomico. Non è certo l'eterosessualità anatomica – come l'esperienza clinica ci insegna quotidianamente – ad assicurare la presenza dell'amore per l'eteros! È invece solo l'eterosessualità dell'amore a determinare le condizioni migliori affinchè la vita del figlio possa trovare il suo ossigeno irrinunciabile.

mercoledì 18 novembre 2015

Tu che sei nei miei giorni, certezza, emozione

Benvenuto nano! Sono già pazza di te! Fede rules!





martedì 31 marzo 2015

Arpionò il mio caos e mi costrinse a contemplarlo. Mi insegnò l'arte dell'attesa.

E così da una settimana ho finito di leggere "Atti osceni in luogo privato" di Marco Missiroli.

Mi ha fatto ripiombare nei miei 16 anni. Le letture private, le fantasticherie con gli amici più cari, pensieri oscuri e sogni a occhi aperti, titubanze cosmiche e i primi fallimenti. Le rues di Paris sono il ritornello e io mi sento già a casa.

Poi ci si tuffa in una Milano ostica e senza identità, con rare isole di autenticità. Questa città così lontana e dentro di me, che da ormai 14 anni mi ospita, in silenzio. Libero, il protagonista, la subisce, gli passa sopra, perde la voglia di viverla sul serio. Poi pian piano, il riscatto. Un epifania lenta e salvifica.

Ed eccomi qua a fare un bilancio senza numeri e senza conclusioni. A trovarmi senza corrente, un vulcano inesploso, una bicicletta senza il ciclista. E' vero. L'attesa è un arte. Ti insegna a contemplarti, a gestire il tuo caos. A specchiarti senza filtri, né trucchi. Le occhiaie sono lì, come i punti neri e i nei che affiorano su un viso segnato.

Sono ad un guado. Con le mie paure. I cardini, costruiti pezzettino dopo pezzettino, sembrano sgretolarsi per poi assumere una forza rinnovata. Forse la vera bellezza sta nel gettare la spugna con le nostre insicurezze. Spogliarsi e ridere di noi davanti a noi. Togliere quelle impalcature fatte di polemica e di serietà che solo noi stessi artificiosamente creiamo.

Questa sera vola. Le sue vele sulle case sono mille lenzuola.

https://www.youtube.com/watch?v=ZlZEo7AYNq0





martedì 4 novembre 2014

Vite iperconnesse versus canederli

In questo periodo la mia vita è un frullatore.

Mia nonna diceva che troppi stimoli nuocciono alla lunga. Mia nonna non è mai stata a NY, né ha mangiato sushi, né ballato al Plastic, né saprà mai come fare mobile scanning in un supermercato.

Siamo una generazione imbottita di aspettative anni 90, con pochissime prospettive di crescita, un governo alle spalle che cerca di riprendere le redini e in un'evidente crisi d'identità.

Ma giuro che non farei a cambio con nonna Oliva nemmen per scherzo. Certo i giorni difficili ci segnano, le relazioni diventano sempre più complesse, facciamo fatica ad accontentarci e troppi obiettivi ogni tanto ci annebbiano.

La chiave, come sempre, è lì sotto i nostri occhi. Non tutti la vedono. La Cate dice che sono innamorata dell'amore ed è vero. E per amore intendo la pelle tra due amanti, l'emozione della narrazione quando fatta bene, l'empatia con un amico, l'amore non ricambiato, la fede, una torta fatta bene per la colazione.

Questa società iperconnessa certo è spesso criticata da sociologi e mass media. Ma personalmente penso che se siamo in grado di trovare una corretta bilancia tra social ed emozioni tangibili, tra la condivisione e un tango, siamo a cavallo. Certo non è facile essere accompagnati da chi vorremmo in quel momento & in quel posto lungo questo cammino chiamato vita ma io sono ottimista. E'necessario aprire gli occhi.

Elio Germano interpreta un Leopardi da urlo. La vita è fatta di sofferenze, fisiche e mentali. Siamo portati a rimuginare e ad incazzarci, a strillare e a fingere, a scappare e non trovare pace. Andrebbe d'accordo con Morgan, al di là di tutte quelle boiate che si inventa per fare il personaggio. Amo e odio la finzione.

Le frustrazioni spesso derivano da copertine fluo e dalla noia che ci attanaglia, ma che fa parte di noi. Invece che trascorrere il tempo a sconfiggerla, dobbiamo integrarla in noi. Cerchiamo di selezionare gli input che ci arrivano, non scartiamoli come caramelle. Fermiamoci un istante. Facciamo tesoro di quello che abbiamo portato a casa. Ricaviamoci una nicchia di consapevolezza, uno zoccolo duro sul quale contare nelle difficoltà, un nido di saggezza tra i semafori della città.

Solo così potremmo avere le armi per affrontare la quotidianità, pur sfoggiando il nostro essere più intimo.

Great minds discuss ideas. Average minds discuss events. Small minds discuss people.



mercoledì 21 maggio 2014

13 giorni senza di te e l'amore per Mr Giallini

Due o tre giorni fa, su Riders, ho letto un'intervista all'attore romano Marco Giallini, che adoro, e ho scoperto che nel 2011 ha perso la moglie improvvisamente, per un emorragia cerebrale.
Diceva che lei le ha fatto il filo per anni prima che lui cedesse e si decidesse a "mettere la testa apposto". Che lei era la donna della sua vita e che non si sarebbe più innamorato. Ora lui vive solo per i figli.
A fine lettura mi sono chiesta se una donna, ora, di quelle che conosco io (la presente inclusa), sarebbe così testarda e volenterosa da aspettare anni e concentrare tutti gli sforzi e i pensieri e l'amore su una persona per anni e saperla aspettare.

Non credo.

Per lo più ho la (stupida) idea che se l'amore non è scintilla, davvero fa fatica a decollare. quindi questa cosa del corteggiamento e dell'indecisione può essere poetica ma dopo un po' si esaurisce. Sennò la verità è che non gli/le piaci abbastanza, anche se è dura da digerire.

So solo che ormai sono passati 13 giorni dalla tua partenza per una meta rock, mio adorato Ivano. Scherzavo sempre con la Ciumy quando dicevo che t'avessi conosciuto prima di Gabri, saresti stato il mio uomo perfetto! Geloso come piace a me. Godurione come piace a me. Gioiso come piace a me.
La tua ostinazione nel stare da solo negli ultimi giorni della tua vita piuttosto che frequentare così, gente a caso, mi aveva colpita. Hai detto che cercavi l'amore vero, ma che fatica. Esisterà sul serio?

Sta di fatto che la telefonata con la notizia che non ci sei più, l'associo a un urlo strozzato in gola in un open space che profuma di nuovo. I colleghi sbigottiti, un attacco di panico.
Ci hai lasciato di stucco. Così non si fa. Anche se secondo me hai usato un fantoccio in quell'obitorio sterile e in realtà te ne sei andato a Cuba. Come dicevi. Beh io ti immagino là. A farti un mojito e a guardare il mare. Come nella tua foto che ho qui appeso in sala.

Sei uno di noi. Guarda avanti come hai sempre fatto.
E per l'amore... chissà! E' sempre stato un enigma... ma se non ci fosse...

giovedì 27 marzo 2014

Sometimes I feel like I don't

Si passa l'intera vita a lamentarsi. O ad estraniarsi.
Ecco le due formule che governano le relazioni sentimentali (e non solo) oggigiorno.
Me ne sto rendendo conto solo ora.

Sono alla ricerca di qualche modalità per uscire da questo dualismo che pare dominare gli assetti di noi superuomini arrivati qui per caso sulla Terra.

C'è chi dice che il mio "ostacolo" ad andare oltre risieda nel mio eccesso di impeto nella scoperta di cose sempre nuove e nella ricerca spasmodica all'essere inappuntabile. E forse ha ragione.
Perché non si può pretendere che tutti siano sempre alle ricerca di qualcosa.
Perché ogni tanto essere disordinati e imperfetti è creativo.
Perché può capitare di cadere nella frustrazione da idealista che si trova senza ideali.

Non lo nego. Devo darmi una mossa. Una bella mossa.
Una terza via esiste sempre, cazzo se esiste. Ed è sotto i miei occhi.
Non fartela scappare.
Alzarti, sciacquati la faccia. Fai un bel respiro. Sei viva comunque. Non c'è nulla di più lucente di te. Devi solo rendertene conto.