lunedì 31 gennaio 2011
mi sono accorta che mia madre assomiglia terribilmente a Ines de la Fressange
…a stringere i denti anche quando stai male e hai voglia di mollare tutto
…a mordere la vita e impegnarsi più che si può per ottenere quello che si vuole
…a essere educata sempre
…a non mescolare i piani: non può andare tutto male, sempre
…a non mentire perché non serve a nulla
…a viaggiare più che si può, perché il viaggio è il contatto con la parte primordiale del sé
…a godere del cibo che si assapora (immaginateveli ora quelli, a dieta…ah ah!che fatica…)
…a godere delle piccole cose: come, ad esempio, stare col muso incollati alla finestra quando nevica, pettinare la Jessica quando era una bimba, portare il cane a fare un giretto…
…a tenersi stretti gli amici più preziosi
…a fare sport perché ti scarica e ti rinvigorisce (anche se, povero papà, mi spiace per l’aspetto competitivo: non ce la posso fà!)
…a non farsi mai addomesticare da nessuno: tu vali perché sei quello che sei
…a trovare un lato positivo anche quando non hai che voglia di scannarti col primo che passa
Certo, a casa mia si è sempre sbraitato, diciamo che non siamo dei gran perfettini, ma piuttosto dei buzzurri di prima classe (!)- e per questo non ho una vena molto sensibile perché si è sempre teso alla “guerra” e all’atteggiamento “ti dico in faccia quello che voglio/sento”. Non mi hanno insegnato a suonare il violoncello, né ad apprezzare il romanticismo tedesco. Non mi hanno mai portato ad una mostra, né mi hanno parlato in inglese o russo. A casa mia si andava di gran dialetto! Non mi hanno insegnato la differenza tra un merlot e un cabernet. Non mi hanno mai trattata da bimba o da adolescente. Mi hanno sempre vista adulta, sin da ragazzina.
Troppe responsabilità e troppe proiezioni. Come tutti però.
Ora- sarà che ieri ho “conosciuto” Lea, che di giorni ne compie 16, che mi sono chiesta che genitore sarò. Ho sempre pensato che volevo essere tutt’altro rispetto a quello che mi hanno inculcato. Ho sempre pensato che i miei figli dovevano crescere “nudi” nel senso senza troppi preconcetti e prospettive di diventare “così e cosà”. di lasciar sviluppare al massimo le loro potenzialità, senza intervenire con prepotenza.
Ma oggi mi sono chiesta: davvero i miei genitori sono stati così severi e tradizionalisti e impostati e contadini e retrogradi e ignoranti? Macchè, in realtà, nel loro menage, che ai più può sembrare assurdo, (come fa un berlusconiano doc e fiero di esserlo a stare con una ex-sessantottina sindacalista sognatrice?) hanno saputo esplorare e inventare un mondo tutto loro, così diverso da quello che hanno ereditato e così finto rispetto a quello che sono davvero, ma mai e poi mai avrei voluto fossero stati diversi.
Perché, quando un giorno avrò la grazia di stringere un figlio tutto mio tra le mie braccia, già profumerà di loro. Che ridere!
perchè Venezia val bene un week end...
Carciofi violetti, marmellate di rose, erbette, cozze e granchi. Sono i frutti degli orti salati delle piccole isole veneziane, nascosti tra vigne murate e chiostri di antichi monasteri. Ecco dove gustare il meglio dei sapori di queste terre salmastre in continua lotta con le maree...
http://www.viaggi24.ilsole24ore.com/WeekEnd/Enogastronomia/2010/10/laguna-venezia-orti.php
because she is...
giovedì 27 gennaio 2011
Live slowly
Ricevo un messaggio di buongiorno da Gabriele. Già mi manca, anche se me lo sono abbracciato tutto meno di 24 ore fa…
dopodiché volo alla Max & Co di Corso Genova a farmi aggiustare la zip del nuovo giubbotto (non acquistato in quell’esercizio, ma mento biecamente perché non ne posso più di fare acquisiti di indumenti che si rompono l’indomani) e mi stendono i tappeti rossi, garantendomi che entro martedì sarà fatto.
Mi dirigo più tardi a San Vittore e trovo una sorpresa. Angelo e Patrizia mi spiegano (oltre a tutta la spataffiata sulla medicina penitenziaria, oggetto del mio prossimo evento, che mi ha aperto un nuovo mondo, ai più sconosciuto) che il successo nella vita è ritornare al passato. Godere delle relazioni in modo antico, autentico – conoscere i vicini di casa, comperare il latte sottocasa e farsi regalare un sorriso dal panettiere, vedere i colleghi non solo come arredamento dell’ufficio, ma come amici etc- per sentirsi parte integrante di un mondo che sì, corre a 100 all’ora, ma che sa anche fermarsi e interrogarsi per chiedersi “dove sto andando? Che cosa voglio davvero? Sono di aiuto a qualcuno?”. Mi ricordano che un tempo c’era una rete fatta di relazioni (la comare, la zia, la cugina….) che ci sostenevano nel quotidiano. Un esempio per tutti: una donna spesso e volentieri 50 anni fa veniva menata dal marito. Affranta però andava dalla vicina di casa, piangeva, si sfogava, e quest’ultima la confortava dicendo: ”non ti preoccupare, dai, tuo marito è un brav’uomo”. La donna rientrava a casa, si riallacciava il grembiule e preparava una torta di mele per il marito. Questo non significa ovviamente giustificare la violenza, bensì come a volte basta poco per stare meglio, l’ascolto e l’essere ascoltati fanno spesso molto e ci evitano di finire nella trappola dell’ansia e della solitudine che è, aihmè, cara a molti di noi. lavorare con i detenuti (a livello clinico, ma non solo) è davvero molto impegnativo, ma forse fa bene al cuore.
Più tardi rientro in ufficio e apro le mail. mi scrive la mia amica Josi, la mia prima coinquilina a Milano, che non sento da anni. Dice che ieri ha compiuto 30 anni e ha riflettuto- in un momento di resoconto- sulle persone care della sua vita e pensato che io ero tra di loro, e che quindi avrebbe piacere di vedermi sabato per un messicano con marito e marmocchi. Ho le lacrime agli occhi.
Vado a pranzo dalla Wanda che è malata. Il mio palato ne è deliziato. Quella mi cucina anche se ha 38 di febbre…
Un’ora fa mi chiama un mio contatto dell’Ospedale San Matteo di Pavia per farmi i complimenti per il programma del convegno di Roma di aprile; “ottimo lavoro” mi dice.
Antonello mi scrive e mi invita con Zizzo per una pasta al pesto di pistacchio di bronte cucinata con speck. Ricetta del suo macellaio messinese. Già mi lecco le dita.
Cosa posso volere di più?
mercoledì 26 gennaio 2011
Il tiramisù nel naviglio
martedì 18 gennaio 2011
Davvero divino
Ma svegliatevi! Tic tac, la vita è un soffio. Non fatevela sfuggire. Reagite e migliorate(vi). Basta poco.
Ve lo posso giurare.
venerdì 14 gennaio 2011
Friday Morning
Marco, il mio collega toscano, mi ha chiesto come sto, dopo una giornata orribile. Si, ieri ero a pezzi e lui l’ha percepito. Grazie…l’empatia non la si trova di certo al bancone del pesce.
Laura invece mi spiega di come il suo corso di shiatsu le abbia insegnato che la curva sotto il piede riflette lo stato della schiena. Ne è entusiasta.
Alessia col suo sorriso aperto color mediterraneo, lega la bici assieme a me e mi chiede dolcemente come ho passato le vacanze. Fare la mamma addolcisce.
La Vale mi dice che è tempo di rinnovare.
Andrea mi insegna a non farmi frenare e a vivere.
Gabriele mi sveglia e mi prepara il caffè e mi stringe a sé. Quella paura che a volte mi attanaglia sparisce tra le sue braccia possenti. E mi protegge da tutto quello che non va. Vorrei restarmene lì così. chiusa a doppia mandata dentro casa sua. Perché lui sa.
domenica 9 gennaio 2011
30 years in 2011
C’è chi dopo 7 anni non sente la necessità di convivere. C’è chi si sposa senza preavviso, prendendo due testimoni per caso al bar, c’è chi si innamora sempre degli stronzi, chi ha rinunciato a cercare l’anima gemella, chi persiste a cercare (invano), chi si ostina a pensare che sia sempre quello giusto (che poi, sistematicamente, si rivela non esserlo). Chi fa un figlio dopo pochi giorni che conosce il proprio partner.
Insomma questi ultimi giorni non ho fatto altro che ascoltare storie sentimentali di amiche trentenni , tormentate, belle, incomprese, fresche, passionali, refrattarie, ciniche. Spesso mi chiedo cosa ci muove a continuare a credere nell’amore. Spesso mi chiedo se amavo di più a 16 anni (ah, l’amour fou) o ora, in modo maturo e a volte così orribilmente consapevole e tristemente mediato. Vedo in giro gente confusa, orde di persone consapevoli di sbagliare ma cocciute persistono, immagino le persone che, affrettate e sole, camminano sui marciapiedi intasati delle città e la famiglia di mio padre, quando da piccola, stavo ore davanti alla stufa ad ascoltare vicissitudini mirabolanti, almeno venti parenti e amici che si ruotavano in quel salotto/cucina stretto e lungo. A volte mi domando perché questa fame di adrenalina, perché questa fame ingiustificabile di emozioni, perché questa necessità di condivisione, perché questa insoddisfazione generalizzata (quante volte ho sentito in questo periodo “ho voglia di reinventarmi professionalmente, ho voglia di fuggire all’estero, ho voglia di sposarmi anche se sto bene così”). Insomma cosa vogliamo di più? Cosa cerchiamo negli altri? Perché non siamo capaci di stare bene da soli e siamo inappagati in coppia? Perché siamo così deboli e indifesi quando finisce un amore? Perché abbiamo così tanta paura quando capiamo che una storia importante sta per nascere? Perché non siamo capaci di lasciare i freni? Perché non ci fidiamo mai degli altri? Perché siamo così egoisticamente assenti e irrispettosi o stupidamente possessivi o scioccamente pensiamo che debba essere l’altro a regalarci la felicità?
Beh, è comunque decisamente più interessante ascoltare le perplessità e le aspirazioni amorose delle mie amichette che discutere se è meglio vivere a Milano o a Roma…
giovedì 6 gennaio 2011
surfing into the new year
Hello World!
Come va? Beh, io niente male…devo ammettere che, dopo “maggnate” infinite, capodanno a Roma, sciate e risate con gli amici di sempre, non vedo l’ora di tornare al teporino della mia casetta milanese, è ora di finire questa full immersion nell’”aria buona”. Ho voglia di riprendere i miei ritmi, i miei spazi, la mia bici, le bevute con le amiche, sognare ad occhi aperti mentre corro sul Naviglio, insomma, riprendere in mano la Mia Vita e non fare semplicemente parte della vita altrui. Questo non prima di una 48 ore di chiusura dei rubinetti, dagli affetti, da facebook, cellulare, pc etc etc con gita in the middle of nowhere che mi rigenererà da un po’ di malcontento delle ultime ore.
Eccomi però ora a congelare su carta il mio decalogo del 2011, perché come inizio anno che si rispetti, si hanno un sacco di aspettative…
- Andare in India on-the-road
- Ascoltare il silenzio
- Ripredere in maniera regolare la fit-boxe, schiena permettendo
- Diminuire l’alcol
- Sapermi fidare di chi mi sta affianco
- Sperimentare di più in cucina
- Comperarmi un casco nuovo per lo sci (già visto coi punti dell’Esselunga!)
- Fare una festa anni ‘80 [Let’s go to the Factory] con 50 persone a casa mia – per 50 metri
- Amare sempre più intensamente. Amare fa stare bene
- Drogarmi di mostre
Ovviamente ascoltando i segreti che mi suggerisce l’istinto. Vi adoro.