giovedì 16 giugno 2011

brand[elli] di me [e di una nazione]

[per dirla in parole povere] c'è chi sostiene che gli italiani, universalmente riconosciuti come maestri di diplomazia, si rivelano incapaci di governare se stessi; immersi nella corruzione sopportano politici, inefficienze e imprenditori inetti; sono valorosi se presi individualmente, ma messi assieme non riescono a formare un esercito valido.

e poichè ciò che li circonda è frenetico, confuso e instabile, si rifugiano nelle sensazioni, nei sensi. dedicarsi alla perfezione artistica, alla creazione e al piacere può quindi diventare cosa seria: non solo un modo per sfuggire alla realtà, ma un modo di aggrapparsi ad essa quando tutto il resto si disperde. ecco che possiamo vantare i migliori cuochi, sarti, cantanti d'opera, pittori [e così via].

così mi sono chiesta, dopo questi ultimi giorni così terribilmente ansiogeni e squisiti, cosa mi dà davvero la carica, soprattutto in alcuni momenti della giornata quando magari vorrei scoparire, quando mi sento "sdoppiata" nelle mie vesti, quando mi sento di godere terribilmente l'attimo o quando mi sento mancare il respiro.

Resta davvero solo l'orgoglio di riuscire a fare le cose alla perfezione quando tutt'attorno tace? Sarà davvero che non siamo spesso in grado di sapere in cosa dobbiamo credere o di chi ci possiamo fidare e poi ci rifugiamo nel solo godimento e nell'arte (e per essa intendo cucina, musica e così via)?

non lo so, amo l'arte e il piacere forse più di ogni altra cosa sulla terra. ma non nego che a volte l'empatia con qualcun'altro e le pause dall'ansia da controllo [due cose che ogni tanto mi riescono] sono oggi, per me, salvifiche.

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